(Prima parte)
Che cos’è la Sindone?
La Sindone è un reperto singolare, un telo di origine incerta che porta l’immagine, di natura ancora più incerta, di un uomo segnato da torture. Queste ferite, nel loro insieme, rimandano a un racconto dell’antichità: la passione di Gesù di Nazareth narrata nei quattro Vangeli canonici.
Questo la rende strettamente legata alla cultura cristiana, nonostante la sua natura misteriosa e ancora non completamente spiegata scientificamente, soprattutto dal 1898, quando è iniziato uno studio più approfondito del reperto.
La Sindone è un oggetto da studiare e comprendere, e il dibattito polarizzato – con opposte tifoserie – non si presta alla sua complessità.
Falsa o vera?
Già definire cosa sia “falso” non è semplice. Un falso potrebbe essere:
– Una copia di un’opera esistente.
– Un’imitazione di un artista famoso.
– Un oggetto modificato per renderlo diverso o più prezioso.
– Un assemblaggio di parti non correlate.
-Un’opera autentica restaurata in modo non trasparente.
La Sindone non rientra in nessuna di queste categorie.
E allora, è “vera”!
Ma anche questa definizione è complessa. Nel caso della Sindone, “vera” potrebbe significare:
-Antica: un reperto autentico, non un manufatto recente, che richiede lo studio dei processi naturali di formazione dell’immagine.
-Reliquia: Il tessuto che avvolse il corpo di Gesù di Nazareth quando fu sepolto e quindi contiene materiale di qualche forma proveniente dal suo corpo.
-Testimone: La tela che ha registrato il momento della resurrezione, con l’impronta prodotta da questo straordinario evento.
Il ruolo della scienza
Le tecniche scientifiche però non possono dimostrare come sia stato creato un oggetto, possono solo escludere ipotesi, ad esempio mostrando che i materiali non erano disponibili nell’epoca presunta o che l’oggetto presenta caratteristiche incompatibili con un dato periodo storico.
La scienza cerca di scoprire relazioni di causa-effetto attraverso domande, prove e osservazioni verificabili e comunque “fino a prova contraria”.
È fondamentale evitare il bias di conferma, ossia la tendenza a cercare solo dati che confermano ciò che si vuole dimostrare. Ogni dato pertinente deve essere considerato, anche se scomodo o difficile da interpretare.
Dobbiamo quindi accettare che molte informazioni sulla crocifissione ci mancano. I Vangeli stessi non forniscono dettagli completi: menzionano la flagellazione, la corona di spine, la ferita al costato e la spugna imbevuta, ma non parlano chiaramente dei chiodi (se non nell’episodio di san Tommaso, che gli esegeti concordano nel ritenere di stesura successiva al corpus del racconto della Passione).
Anche la documentazione storica è scarsa, poiché la crocifissione era considerata talmente crudele e infamante da essere poco descritta (cfr. «Sindon» n.5, pp. 31-35, https://www.sindone.it/_files/ugd/7ad53d_3748e02d7b8e45f5be1b56ecd17996f9.pdf).
In termini archeologici poi, abbiamo solo due reperti che testimoniano questa pratica, e in entrambi i casi si tratta di crocifissioni laterali con chiodi nei talloni.
D’altra parte, la combinazione di flagellazione, corona di spine e ferita al costato è estremamente poco probabile che si sia ripetuta più volte nella storia. L’unica testimonianza documentata che riporta tutti questi dettagli contemporaneamente è quella relativa a un certo Joshua ben Josef crocifisso in Palestina negli anni 30.

Fig. 1. Testimonianza archeologica di crocifissione nel tallone del piede.
Anche la formazione dell’immagine sulla Sindone resta un enigma. Nonostante i progressi scientifici, non siamo ancora in grado di riprodurla completamente, né nelle sue caratteristiche macroscopiche né, soprattutto, in quelle microscopiche. Come si è formata quell’immagine? E perché conserva caratteristiche che sfuggono alla nostra comprensione?
Questi interrogativi ci invitano a continuare a studiare la Sindone con approccio rigoroso e aperto, lasciando da parte semplificazioni e pregiudizi.
La Sindone è un’immagine
La Sindone non è solo un oggetto tangibile, un semplice telo: è soprattutto un’immagine. E come immagine, fa parte di un complesso intreccio di emozioni, significati e messaggi nato da 2000 anni di pensiero e scrittura. Una cultura che chiamiamo “cristianesimo”. Ha attraversato epoche, culture e crisi senza mai perdere la sua rilevanza, continuando a comunicare qualcosa di profondo e, oggi più che mai, estremamente attuale.
In un’epoca in cui l’immagine è diventata uno strumento di comunicazione privilegiato, il suo impatto emotivo è particolarmente forte. Un’immagine parla direttamente al cuore e alla mente, ma il significato che assume varia da persona a persona. Le reazioni che suscita sono intime e personali, perché le immagini comunicano in modo “emozionale” e spesso misterioso.
La Sindone, in questo contesto, si distingue per la sua capacità di essere immediatamente comprensibile. Immediato significa “non mediato” = riferimento diretto. La connessione con i Vangeli è diretta e inconfondibile: basta avere anche una conoscenza minima della storia di Gesù per percepire istantaneamente il legame. Questa relazione non richiede spiegazioni scientifiche, documentazioni storiche o tradizioni: è intuitiva. Ogni dettaglio della Sindone rimanda chiaramente alla narrazione evangelica, senza bisogno di mediazioni, di spiegazioni.
Immagini e parole, lo sappiamo, si completano a vicenda, migliorando la comunicazione del messaggio. Le immagini evocano emozioni, mentre le parole forniscono contesto, dettagli storici e intenzioni. Quando questo equilibrio è ben impostato, l’efficacia del messaggio cresce. Pensiamo, ad esempio, ai videoclip musicali, dove l’immagine amplifica il significato delle parole e viceversa.
Lo stesso accade con la Sindone: osservandola, siamo spinti a cercare informazioni storiche, iconografiche e archeologiche per arricchire ciò che vediamo. Tuttavia, è fondamentale partire sempre dalle fonti disponibili – siano esse documenti scritti, testimonianze storiche, iconografie o scoperte archeologiche – per verificare la compatibilità tra questi elementi e l’immagine sul sudario.
Anche se le informazioni storiche e archeologiche che ci portano al Sepolcro sono limitate, non sono però effimere e prive di significato. Come affermava mons. Giuseppe Ghiberti: «Nulla di quanto vediamo sulla Sindone è incompatibile con quello che sappiamo o con quello che ci dicono i Vangeli».
In questo senso, la Sindone rappresenta un punto di incontro tra immagine, fede e storia, un dialogo continuo tra emozione e conoscenza.
A seguire nelle prossime edizioni
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