In balìa della folla

di Gabriele Guglielmi

A soli 3km (15 stadi) da Gerusalemme la città più importante della Giudea c’era Betania piccolo centro abitato e Gesù ormai stanco di tanto peregrinare in Palestina trovò ospitalità in quella località nelle dimore di Maria, Marta e Lazzaro che gli garantivano uno spazio di affetti di cui come uomo aveva bisogno alla fine di ogni giornata impiegata nella predicazione e nell’incontro con i maestri della legge nel Tempio e con la gente nelle strade affollate per varie di attività.

A piedi per tre giorni da lunedì a mercoledì egli va in città e torna a sera a Betania accompagnato dagli Apostoli dopo aver sostenuto dibattiti e conflitti verbali durissimi anche con la gente comune e vive così i suoi ultimi giorni.

Predicava il Vangelo dell’amicizia, la vocazione ad una vita modesta e tranquilla, il rispetto dell’autorità civile, il contributo al bene comune (“Amatevi gli uni e gli altro come io vi ho amato” – G.V. 13, 34; 15, 12) ma non sempre veniva compreso.

Gerusalemme è anche il centro degli affari, il luogo dove si stipulano i contratti, l’occasione di facili arricchimenti, l’incontro di interessi più disparati, la concentrazione e la distribuzione delle merci. Il rispetto delle regole, l’invito alla solidarietà, il profondo senso di giustizia sono comportamenti che non trovano spesso il favore di coloro che vivono nella città per accaparrarsi le occasioni per incrementare i propri guadagni a tutti i costi e a volte senza scrupoli e dominare i mercati del territorio.

Gesù avverte una certa stanchezza ed i frequenti dibattiti lo hanno reso umanissimo e fragile.

Si fa coraggio ed il quarto giorno – giovedì – decide di organizzare per il suo ristretto gruppo di seguaci – gli Apostoli – una cena ritardando di proposito il suo rientro a Betania, anzi a Betania non tornò più quella sera.

Egli sente il bisogno di staccarsi per qualche ora dalla massa indistinta che aveva incontrato in città desiderando un momento di dialogo con la sua comunità di discepoli, un incontro consapevole, una nuova maniera di stare insieme, di decidere un principio di democrazia.

In un primo momento fra Gesù e gli Apostoli si crea l’atmosfera di un incontro conviviale, ma ben presto nasce tra i presenti una sensazione di commiato, quasi di trasformazione in una scena irreale: qualcosa sta cambiando per il dialogo sommesso che viene scambiato fra tutti, alternato ad un silenzio quasi in estasi.

Gesù ha percepito da qualche giorno i sintomi premonitori di qualcosa di nuovo, il presentimento della sua prossima fine ed al termine dell’agape fraterna si esprime con una frase sibillina: “Quando non sarò più fra voi, mi potrete trovare ancora e mangiare e bere con me”.

Seguito da tre fedelissimi si reca in un podere vicino (Getsemani) per entrare in meditazione e preghiera: è un momento di totale sua solitudine anche perché i suoi accompagnatori si addormentano.

Quella notte gli eventi precipitano: viene individuato e catturato nello stesso orto degli ulivi con la complicità di Giuda uno dei suoi Apostoli e subisce un primo processo sommario davanti al sommo sacerdote Caifa capo del Sinedrio. È l’inizio della Passione.

In una angosciata rilettura del Vangelo si scopre che Giuda compie un gesto necessario perché è soltanto uno strumento insostituibile della volontà dell’Eterno, un complice traditore predestinato ad accelerare i tempi verso la Redenzione a cui Gesù è chiamato con estremo sacrificio.

Riusciamo a giustificare Giuda perché il suo è il tradimento di un’intera società che non intende cambiare vita e che vede in Gesù l’accusatore di una corruzione dilagante in tutti i rapporti umani.

La gerarchia sacerdotale teme di perdere l’egemonia del potere: Gesù si confonde fra la gente e va incontro agli ammalati, agli storpi, ai bisognosi di aiuto e parla alle coscienze mettendole in diretto contatto col Dio Creatore: in una società che dev’essere moralizzata è una presenza ingombrante e pericolosa. Gesù agiva BY THE PEOPLE con un facile proselitismo fra la gente umile e colpiva l’avidità e gli egoismi in esponenziale moltiplicazione (fra cui anche la contrazione – paventata dai sacerdoti – delle decime per il Tempio) che accompagnavano tutti gli affari.

Infatti Gesù disse loro “In verità vi dico i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Matteo 21,31). Le sue predicazioni fra l’altro non lo rivelavano come il Messia tanto atteso – colui che avrebbe liberato ISRAELE dal giogo straniero di Roma. La sua dottrina pacifista aveva un culto con variabili sceneggiature.

Non è possibile un compromesso con Gesù e la sua presenza fisica a Gerusalemme: è necessario che il caso venga risolto anche a livello politico da parte dell’amministrazione romana del territorio.

Al mattino dopo – venerdì – quinto giorno – Gesù venne condotto davanti al Governatore PILATO il quale afferra al volo il furore incontrollato della folla manovrata dagli emissari dei sacerdoti e cerca di salvarlo con una escamotage ponendolo a confronto con un delinquente comune – Barabba.

La preferenza della massa per l’autore di reati è quasi inspiegabile: è un vero colpo di scena perché l’uomo catturato e legato dai sacerdoti è considerato il più perdente e meritevole di pena per cui la folla grida a Pilato: “Crocifiggilo!”

Il Governatore è costretto ancora a soddisfare la pressione della piazza e fa frustare Gesù sperando così di placare la rivolta crescente, ma non basta: è impossibile calmare e disperdere centinaia di persone che si accalcano a ridosso del palazzo del Governatore. I sacerdoti per riscattare la decisione di Pilato accennano ad eventuale ricorso all’autorità imperiale di Roma qualora avesse tentato di sottrarre il catturato alla pena capitale. Pilato è succube del potere dei sacerdoti sulle masse e non può fermare la tensione delle stesse ed inizia così per Gesù il cammino verso il Golgota in un fatale automatismo che niente e nessuno riesce a fermare.

Il comportamento aggressivo dell’uomo della strada è notoriamente provocato da sentimenti di frustrazione da fattori ambientali stressanti che portano alla trasgressione ad ogni costo.

L’accanimento ulteriore contro Gesù provato dalle frustate e chiaramente debilitato si spiega con una freudiana responsabilità della folla che lo ha voluto in quelle condizioni e vuole totalmente liberarsene privandosi in una psicosi collettiva di un senso di colpa.

Nella Via Dolorosa Gesù vittima designata porta sulle spalle il PATIBULUM (un’asse trasversale): la croce infatti si formerà sulla collina delle esecuzioni dove i pali verticali erano già piantati nel terreno sassoso.

Lungo la Via Dolorosa la folla continua a schernire Gesù: storicamente soltanto una donna, la Veronica cerca di lenirgli il dolore asciugando con un panno il volto intriso di sudore e di sangue (quello delle frustate). Probabilmente non era sola a commiserarlo, ma la storia ci ha rappresentato soltanto la sua presenza caritatevole. Fra la folla c’erano coloro che si erano tenuti a distanza da tanta responsabilità, ma erano pochi e isolati e non potevano fermare l’inarrestabile conclusione degli eventi.

Arrivato sul luogo del supplizio – la sommità del Golgota – Gesù viene spogliato delle vesti e inchiodato nudo sull’asse trasversale e sollevato sulla croce, esposto insieme agli altri condannati. È in preda ai primi sintomi dell’agonia e pronuncia sette piccole frasi:

1. Per prima cosa giustifica gli aguzzini “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”.

2. Alla madre e al discepolo Giovanni ai piedi del patibolo “Donna ecco tuo figlio… Ecco tua madre”.

3. Al condannato politico il rivoluzionario zelota che i testi biblici chiamano “Buon Ladrone” anch’esso crocifisso accanto a lui e che gli si era rivolto con fiducia “Oggi sarai con me in Paradiso”.

4. “Eli, Eli lenà sabactani?” Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

5. “Padre alle tue mani affido il mio spirito”.

6. “Ho sete!”

7. “Tutto è compiuto!”

In quel pomeriggio primaverile intorno all’anno 30 le fonti evangeliche evocano tre eventi clamorosi:

– Lo squarcio totale del velo del Tempio dove era custodita l’Arca dell’ Alleanza;

– Una improvvisa eclissi di sole: si fece buio;

– Un principio di terremoto scosse tutto il territorio circostante per cui il centurione (la tradizione gli ha dato un nome Longino) e gli uomini della scorta che hanno accompagnato Gesù fino al patibolo impressionati esclamano da credenti pagani: “Davvero costui era figlio di un Dio!”

Si è concluso così il mistero più grande della cristiana religione: Dio Creatore che prende forma umana, soffre come soffrono le sue creature e si adopera per elevare la natura umana con il suo personale sacrificio.

Gesù non era paragonabile agli altri Rabbi o Guru che erano diffusi nel territorio del Medio Oriente: era l’unico Rabbi che non parlava di Dio ma dichiarava di essere lui stesso Dio (cosa straordinaria – una follia – come riferisce San Paolo). Era un’epoca in cui la società sentiva il bisogno di radicali cambiamenti: favorita dalla diffusione della cultura greco-romana e dalle lezioni di stoicismo.

Gesù ci ha rivelato il mistero di una vita futura ed ha costruito in noi un uomo nuovo, diverso da quello dell’Antico Testamento che non rinunciava alla vendetta, un uomo che non ha paura della verità e che sente in se stesso una trasformazione radicale in attesa di una personale resurrezione.

Gesù ha ipotizzato un mondo diverso in cui l’uomo può essere capace di vivere fraternamente.


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